Quando, da bambino, entrai in una sezione del partito socialista, l'immagine di Antonio Gramsci, era attaccata sulla parete del magazzino, quasi fosse il cugino scomodo di Nenni, Pertini e company. Antonio Gramsci ha rappresentato per me il ragazzo arrestao e chiuso in una prigione, solo perchè aveva avuto l'ardire di avere delle idee. Non mi importava la sua appartenenza politica ma il suo modo di agira come uomo. Un uomo - ragazzo che scrive ai familiari con infinita dolcezza e speranza. Ho provato l'emozione della lettura solo in un'altra occasione: quando lessi la lettera di Aldo Moro alla famiglia, dalla prigionia delle Brigate Rosse. Immaginavo di essere amico di questo ragazzo, di uscire con lui, di discutere della gioventù, delle idee, degli amori, del tempo che fa. Cercai figure simili, nella mia gioventù. Ho trovato qualche sprazzo di luce negli occhi di persone che incontravo, alll'Università, nelle parole degli operai, negli sguardi di contadini. Questa luce talvolta mi colpiva, a volte era un veloce lampo che subito si spegneva. Col passare dell'età ho perso la capacità di leggere negli occhi della gente, lo sguardo di Gramsci sulla parete di una sezione. Non è colpa dei giovani, è colpa della storia stessa. La storia, talvolta, non ha pietà, si posa da sola la polvere addosso. Così chi non è mai stato un ragazzo con gli occhi di Gramsci, ammucchia, confonde, mescola la storia in un fosso, dove i colori non vengono distinti, dove le buone intenzioni si dissolvono nelle cattive. In questo modo la storia cambia, si appiattisce come la linea di un macchinario che non segna più i battiti del cuore. Rimane, allora, un unico acuto suono continuo che annulla le parole, che fiacca le intenzioni. Di queste persone mi vergogno, perchè le incontro tutti i giorni e commetto l'errore di salutarle, per stupido quieto vivere, non sapendo che loro possano riuscire a confondere il mio saluto per approvazione. Dovrei levarmi gli occhiali, quando esco per strada, così da poter avere anch'io la visione sfocata della realtà. Lo dovrei fare per gli anni a venire in modo che la mia realtà diventi, un giorno, quello che vedo. Gramsci, questo me lo ricordo bene, gli occhiali li portava.
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