mercoledì 10 giugno 2009

L'indovino


Tratto da Tuttoabruzzo.it

Martedì 5 Agosto 2008

In riferimento alla candidatura di Enrico Di Giuseppantonio, per il partito dell’UDC, alla Presidenza della Provincia di Chieti per il rinnovo del consiglio Provinciale in scadenza nel 2009, il Presidente, Sen. Tommaso Coletti dichiara quanto segue:

”Sono felice di lasciare il testimone ad un amministratore competente ed onesto che ha dimostrato di aver saputo fare bene gli interessi della sua comunità, con la certezza che le iniziative poste in essere dalla mia amministrazione possano costituire una traccia fondamentale per il prosieguo dello sviluppo dell’intero territorio provinciale. Con Di Giuseppantonio, continua il Presidente Coletti, e con gli altri sindaci della costa teatina stiamo portando avanti l’importante progetto di valorizzazione e di tutela dell’intera area che va da Francavilla ala Mare a San Salvo, che punta alla realizzazione di un pista ciclabile sul vecchio tracciato ferroviario, così come con gli altri sindaci della Provincia abbiamo posto in essere iniziative infrastrutturali in parte già realizzate ed in parte in via di realizzazione. Tante iniziative che hanno consentito alla Provincia di Chieti di mantenere ed accrescere il primato dello sviluppo economico sulle altre tre province abruzzesi.

E’ naturale, conclude il senatore Coletti, che il passaggio del testimone potrebbe avvenire nei modi e nei tempi da concordare tra i partiti del centro sinistra che guidano attualmente questo importante ente ed il partito di Di Giuseppantonio, vorrà aggregarsi con un programma concordato e condiviso, alla stessa coalizione di centro sinistra nei prossimi appuntamenti elettorali.

Il problema è che, un anno dopo, Di Giuseppantonio ha stravinto, ma con il centro destra...

sabato 6 giugno 2009

Ai signori del castello piace solo fare quello


Giovedì, 4 giugno, dopo anni di abbandono, è stato restituito alla città, il rudere imbellettato del Castello Aragonese. Grazie ai fondi delle vincite non ritirate della lotteria, stornati per il restauro, l'operazione ha potuto avere luogo. Un deputato del nostro collegio, si interessò della cosa. Non era ortonese, non era abruzzese, era un liberale puro, garantista, che faceva il suo mestiere di politico, rappresentando, senza pulsioni feudali, il collegio che lo aveva votato. Questo individuo era Franco Corleone ed aveva messo un ufficio aperto al pubblico nel centro della città. In questo ufficio, tutti i suoi rappresentati potevano andare per verificare il suo operato in parlamento e per sottoporre a lui, questioni riguardanti la città ed il comprensorio. Gli ortonesi, abituati al signore dei signori: Remo Gaspari, dispensatore di favori e non di buona politica, non capirono il gesto profondamente democratico e civile di codesto individuo. Erano abituati a votare il candidato da Roma, che prendeva voti e se ne andava. Oppure erano abituati a votare il candidato che suggeriva loro il prete, il farmacista od il notaio. Così non riuscivano a creder che un uomo venuto da lontano, profondamente apprezzato da giuristi, economisti, uomini di cultura e giornalisti, potesse stare in giro "senza scorta" per Ortona, a parlare con la gente. Corleone è stato dieci anni nel nostro collegio ed ha rappresentato la speranza che le cose avrebbe potuto cambiare. Cambiare non per la città ma per la mentalità degli ortonesi. Ortona ha perso Corleone e con lui un modo nuovo possibile di pensare questo luogo. Il castello, il tribunale, furono iniziative partite da questo personaggio, dalla giacca orrenda e dalla parlata sarda, ma capace di grandi intuizioni e grandi visioni. Il castello oggi, è la pietra tombale di questa amministrazione di centro destra. In sedici anni di governo della città, la normale amministrazione è stata spacciata per nuova Ortona. A parte qualche pavimentazione e risistemazione della Passeggiata Orientale, ottenuta prestando il sedere al centro Commerciale, che ha svenato il contesto economico della città, il paese è stato gettato in pasto ai cementificatori, i quali hanno irrimediabilmente deviato le prospettive per il futuro. Non c'è lavoro, non c'è qualità del tessuto urbano, non c'è manutenzione, l'industria e l'artigianato sono evaporate. La città si regge esclusivamenbte su alcuni grossi correntisti che movimentano interessi da una banca all'altra ( sette istituti di credito solo nel centro!), da una speculazione immobiliare all'altra. Il porto è bloccato da una oligarchia che farebbe impallidire Achille Lauro, gestita da "manager" che a malapena riescono a prendere appunti col mozzicone di matita sul blocco. Mafie senza crimini, senza estetica del delitto, che demandano ai loro "notabili" eletti in Comune, la gestione dei Kazzi propri. Professionisti che mandano a troie la loro deontologia , solo per aver qualche soldo in più per le vacanze alle Maldive. Alla fine della dura settimana, tutti a pentirsi in Basilica, dove l'Apostolo Tommaso tutto perdona a tutti. Anche Aglieri, pluriomicida e boss della mafia, leggeva Sant'Agostino ed Occam. Così, il Castello è l'emblema della rovina, è la faccia vera di Ortona, un fondale da palcoscenico, dove dietro c'è il nulla. Ortona fu distrutta durante la guerra e questo avrebbe potuto rappresentare la sua fortuna. Sarei pronto a sacrificare me stesso, perchè, sotto un bombardamento, la città venisse rasa al suolo, per un nuovo inizio. E pensare che da bambino, in estate, a sera, ancora in spiaggia, mi volgevo verso il paese in alto sul promontorio, come un sogno che avrei voluto infinito...