domenica 31 gennaio 2010

Il mio compagno che non ho mai avuto


Quando, da bambino, entrai in una sezione del partito socialista, l'immagine di Antonio Gramsci, era attaccata sulla parete del magazzino, quasi fosse il cugino scomodo di Nenni, Pertini e company. Antonio Gramsci ha rappresentato per me il ragazzo arrestao e chiuso in una prigione, solo perchè aveva avuto l'ardire di avere delle idee. Non mi importava la sua appartenenza politica ma il suo modo di agira come uomo. Un uomo - ragazzo che scrive ai familiari con infinita dolcezza e speranza. Ho provato l'emozione della lettura solo in un'altra occasione: quando lessi la lettera di Aldo Moro alla famiglia, dalla prigionia delle Brigate Rosse. Immaginavo di essere amico di questo ragazzo, di uscire con lui, di discutere della gioventù, delle idee, degli amori, del tempo che fa. Cercai figure simili, nella mia gioventù. Ho trovato qualche sprazzo di luce negli occhi di persone che incontravo, alll'Università, nelle parole degli operai, negli sguardi di contadini. Questa luce talvolta mi colpiva, a volte era un veloce lampo che subito si spegneva. Col passare dell'età ho perso la capacità di leggere negli occhi della gente, lo sguardo di Gramsci sulla parete di una sezione. Non è colpa dei giovani, è colpa della storia stessa. La storia, talvolta, non ha pietà, si posa da sola la polvere addosso. Così chi non è mai stato un ragazzo con gli occhi di Gramsci, ammucchia, confonde, mescola la storia in un fosso, dove i colori non vengono distinti, dove le buone intenzioni si dissolvono nelle cattive. In questo modo la storia cambia, si appiattisce come la linea di un macchinario che non segna più i battiti del cuore. Rimane, allora, un unico acuto suono continuo che annulla le parole, che fiacca le intenzioni. Di queste persone mi vergogno, perchè le incontro tutti i giorni e commetto l'errore di salutarle, per stupido quieto vivere, non sapendo che loro possano riuscire a confondere il mio saluto per approvazione. Dovrei levarmi gli occhiali, quando esco per strada, così da poter avere anch'io la visione sfocata della realtà. Lo dovrei fare per gli anni a venire in modo che la mia realtà diventi, un giorno, quello che vedo. Gramsci, questo me lo ricordo bene, gli occhiali li portava.

martedì 26 gennaio 2010

Le mie scuse


Devo le mie scuse all'Avv. Remo di Martino, sulla delibera, riguardante l'assegnazione di una strada al fascista Almirante. L'argomento non era all'ordine del giorno ed è stato affrontato con superficialità. A quella votazione sembra che Remo non ci fosse. Sono amico da molti anni di Remo e non faccio questo retromarcia, perchè mi aspetto da lui favori o future glorie. Non ho mai chiesto niente a nessuno e per questo motivo non sono simpatico a nessuno degli individui che strisciano attorno all'amministrazione ed all'opposizione. I rapporti con Remo sono stati sempre improntati al vaffanculo faccia a faccia. Lo sappiamo io e lui. Ho scritto i miei commenti con eccessiva impulsività, lo ammetto, ma ho avuto buone ragioni. Mio nonno ha fatto quattro anni di campo di concentramento a causa della politica scellerata di Mussolini e compagni. Almirante è stato un degno esponente del ventennio. Ha sottoscritto il "Manifesto della razza". Questa non è propaganda, è storia. Almirante ha appoggiato la politica di Goebbels ed Himmler, secondo i quali una razza superiore non poteva ammettere storpi, malati mentali, gay, zingari ed handicappati. Qualcuno che ha fatto questa proposta sa benissimo cosa significa "portatore di handicap" e dovrebbe rabbrividire al solo pensiero di veder glorificato un individuo che i down, li avrebbe messi volentieri al forno. Almirante è stato definito da qualche consigliere un " padre della patria", forse sarebbe meglio definirlo un padre della Repubblica (di Salò) od un padre dello Stato (parallelo), grazie alle vicinanze con i golpisti di estrema destra degli anni '60 e '70. Almirante un uomo dello Stato parallelo alla stregua di un eversore quale l'On. Cicchitto, piduista. Perchè invece, non dedicare una strada a qualche canadese distintosi nella liberazione di Ortona? I problemi di Ortona sono ben altri e vengono decisi, purtroppo, fuori dalle stanze comunali. Ortona ha bisogno di lavoro, di trasparenza amministrativa che ora è inesistente e di propsettive per i ragazzi. Grazie per l'attenzione ed un saluto a Remo Di Martino. Questo blog continuerà a descrivere Ortona a modo mio.

venerdì 22 gennaio 2010

Ortona, Fratino & Company: l'amministrazione della vergogna


Non mi interessa più la vita politica di questo paesotto. Ma questa cosa la devo dire. La devo perché ho sentito l’affondo di una offesa, fatta alla memoria, di questi ultimi settanta anni di storia. Un’offesa fatta ai danni di coloro i quali hanno subito persecuzioni, privazioni, crimini, non in altri paesi, ma in Italia. Un crimine fatto da italiani su altri italiani. Le leggi razziste del periodo mussoliniano. Delle leggi fatte per assecondare l’alleato Adolf Hitler. In questo periodo , uomini che firmarono il “manifesto della razza“, che combatterono a fianco dei nazisti, vengono santificati ed immortalati nella nostra città, alla pari di un medico, di un filantropo, di uno scienziato. La decisione è stata presa in consiglio comunale: una strada verrà intitolata a Giorgio Almirante. La vecchia strada intitolata a Don Bosco non si chiamerà più così, si chiamerà Via Giorgio Almirante. Ho un scoglio dentro lo stomaco. Centinaia di ortonesi che devono la giovinezza, il lavoro, la salvezza dalla fame del dopoguerra, all’Istituto Salesiano, hanno permesso che un’Amministrazione di individui socialmente pericolosi, potesse preferire Almirante al sacerdote piemontese. Almirante, uno di quelli che ha fomentato l’odio razziale verso gli ebrei, che aiutato i delatori nei ghetti, che ha appoggiato i rastrellamenti che avrebbero condotto, donne, uomini e bambini nelle camere a gas, oggi sarà una strada da percorrere. Questi amministratori, hanno prreso a calci i morti delle fosse Ardeatine, i morti di Auschwitz, di Dachau , di Buchenwald, di Mathausen, ricordando un uomo solo per la sua abilità oratoria e non per i suoi delitti. Questi amministratori ortonesi, capaci di andare in chiesa a lavarsi la mano nell’acqua santa, di parlare di fratellanza dei popoli, di pace, di tolleranza, hanno immortalato uno dei fomentatori dello sterminio.
Mi vergogno per queste persone. I morti li chiameranno a loro, nelle tombe, nei forni, chiederanno conto loro della stupida superficialità delle loro scellerate decisioni. Adesso arriverà il coro dei:“però anche i comunisti…” oppure “ però anche i cinesi…”. Non mi interessa di quello che hanno fatto i russi, di quello che hanno fatto i titini, di quello che hanno fatto i cinesi. Mi interessa di quello che italiani hanno fatto ad altri italiani. Mio nonno ha fatto quattro anni di campo di concentramento ed era stato un fedele servitore della patria. Rabbrividiva alla vista di Almirante, nelle tribune politiche. Aveva vissuto le esaltazioni dittatoriali di questo spudorato repubblichino, sulla sua pelle. Il sistema democratico, nella sua perfetta imperfezione, aveva concesso ad Almirante di avere voce. Ora, un sindaco senza nerbo, senza coglioni, appoggiato da uomini “contrari per principio , ma coerenti con la votazione, per fedeltà alla maggioranza” ha ratificato una decisione che lo renderà complice dei crimini verso il popolo italiano. Vergogna!