martedì 10 dicembre 2019

Il donzelletto che vien dalla campagna (Terza puntata)


Il giovin ormai allocato nel posto a lui donato dalla norcina senatrice, tosto si abitua agli usi che si convengono a tutti quelli che al lavoro non anelano. Le abitudini uccidono e durante le noiose giornate, il donzelletto addestra le furbizie, le malizie, le astuzie, i vizi e gli ozi. Se fosse un secondino, potrebbe divenire aguzzino per il puro piacere di spendere le vuote giornate coi colleghi suoi simili. Se fosse un contabile, farebbe la conta delle caccole da appiccicare sotto la scrivania, se fosse un usciere, uscirebbe spesso a prendersi un caffè, se fosse al cimitero, passerebbe il tempo ad aprir casse per vender gli scheletri a studenti di medicina. Il giovinetto ormai maturo ha sposa la ragazza, quella vicina di casa, conosciuta alla sagra del paese, l’ha scelta con lo stesso grado di istruzione, perché giammai ha da esser inferiore alla donna (glielo ha insegnato mammà). Per fare il moderno le concede di fare la parrucchiera o l’estetista, in modo che, nella cerchia delle sue clienti, egli possa fare il gallo nel pollaio. La moglie figlia, due tre pupi cos’ che, tra casa, pannolini e lavoro, lasci libero il donzello di fare il provolone con le ragazze dietro al bancone del bar. Si diverte a stalkerare le amiche della moglie, le donne che vede in giro, perché il maschio, come dice mammà, è cacciatore e bisogna capirlo il poverino, ci ha l’uccellone infiammato perché la moglie bigodinata, con il pupo da cambiare in braccio, gli fa abbassare il testosterone e l’autostima. Inizia a zuzzurellare nel collegio genitori, piacione con le pornomammine che sculettano a sentir l’afrore della sua lavanda maschia.
Niun pelo di barba giammai lo strema, egli è teso, raso, dalla giacca facile, dal braccialetto insulso, dall’arbre magique alla vaniglia nell’auto portata a lavare ogni mezz’ora. E’avvezzo a rovinare gli spizzelli ai compagni di calcetto il giovedì sera, non ammette la sconfitta la resa, è l’imberbe che priva tutti della palla per taglieggiare un calcio di rigore inesistente. In questa paranoia dell’invecchiare rimanendo nessuno, lo coglie il senso di sconforto di una vita destinata alla mediocrità del nulla. Ma arriva di nuovo il giorno quando la fortuna bussa alla sua porta, come se avesse trovato in lui un figliuolo meritevole. Un avido avvocato, nel pien della tenzone politica, ha notato il donzelletto accompagnarsi con molti villici suoi pari. Sotto i baffi già fa due conti su quanto il fanciullo conti tra il contado… (continua).

mercoledì 4 dicembre 2019

Il donzelletto che vien dalla campagna (seconda puntata)


Seconda puntata
“Ohibò cosa vedono i miei occhi!” La tronfia senatrice, passata per il borgo natio del giovin donzelletto, nota molti fanciulli non più imberbi, i quali strombazzano con le moto truccate a scureggetta, scambiando le marmitte per falli da satiri. La maschialità oziosa si diffonde nell’aria, tra mozziconi sfumacchiati e giornaletti tipo “il tromba” dove le donne vengon trattate a colpi di turbonerchie. Il donzelletto ci sguazza nel testosterone, con una mano nell’acquasantiera e l’altra sulla cippa. La prode Annuzza sente la puzza di elettore e di relativi genitori i qual, pur di sistemare il figli allergico all’abeccedario, son disposti a far votare la famiglia, compresi i trisnonni già morti e putrefatti al fin di sistemare bellamente l’accidioso giovinetto. “Ci sarebbero tanti bei posti per posteggiare stabilmente il figliuolo” esclama la senatrice all’indirizzo del silenzioso padre, il quale baciar vorrebbe la mano porcina e inanellata. Subito il contratto è stabilito, segnati nomi e cognomi, l’astuta candidata ricorda ai timidi cafoni quali siano le combinazioni  da apporre sulla scheda, ricordando che, nel segreto dell’urna, Dio vi vede ma anche donna Anna calcola. Dopo mesi di sollazzo, a proclamazione avvenuta, il donzelletto vien chiamato al cospetto dell’eletta. “Ricorda eterna gratitudine a ciò che ti donai e giammai sorprendoti a negare aiuto agli amici degli amici quando sarai abbastanza vecchio per contare qualcosa”. Come il marchio a fuoco per il vitello, l’ex villico ormai civilizzato dallo spirito santo della raccomandazione, si forgia nel cervello il do ut des. E’ pronto per la casa, la chiesa, la sposa… (continua)